Ragionare sulla Fertilità


Il termine paradigma sta per “modello di riferimento di valore fondamentale”.
Applicando
il termine alla misurazione dei parametri che compongono il peraltro
complicato puzzle dedicato alla predittività sulla procreazione umana ne
esce un quadro che, purtroppo, dà risposte parziali e spesso
inconsistenti.

Ancora purtroppo, complice la rete che consente a chiunque di “studiare la problematica
le risposte, spesso di per se stesse inconcludenti, vengono prese per
affidabili e su di esse viene “costruito” un castello di conseguenze
predittive che non hanno il minimo senso scientifico ma solo di realtà
percepita come la temperatura delle previsioni meteo.

Appare
perciò ragionevole iniziare una discussione, se non una vera e propria
cernita, sui dati scientificamente condivisibili in raffronto a quello
che, per usare un termine di moda, sono solo fake-news.

Introduzione

Per definizione condivisa l’Infertilità è quella situazione in cui la coppia non ha concepito dopo un anno di rapporti regolari e non protetti.

Per
regolari si valuta che debbano essere almeno due rapporti alla
settimana, quindi si parla di almeno cento rapporti all’anno onde
coprire le 10-14 ovulazioni.

Tale situazione, per stima della
WHO, colpisce il 15-20% delle coppie dei paesi industrializzati e si
parla di coppie in cui la partner femminile ha mediamente un’età di
almeno 15 anni superiore a quella in cui può biologicamente iniziare a
procreare. Stesso dicasi del partner maschile.

Appare perciò ovvio che la scelta di procreare in età “biologicamente attempata” sia uno dei fattori, se non il principale fattore causale della infertilità di coppia.

Le
statistiche di cui si dispone indicano la presenza di un fattore
maschile coesistente nel 20-60% dei casi. Una forbice così ampia non
sorprende poichè dipende essenzialmente dalla mancanza di strumenti
adeguati alla misurazione del potenziale riproduttivo maschile essendo
essi basati tuttora sull’esame seminale i cui parametri di riferimento
della normalità sono tanto convenzionali quanto slegati dalla realtà.
Purtroppo sono recepiti come predittivi anche da buona parte dei medici.

L’aggettivo “idiopatico
viene poi affibbiato a tutti quei casi di infertilità in cui,
indipendentemente dalla presenza o meno di dispermia, non si riconosce
una causa dimostrabile alla base del problema. Sarebbe ora di aggiungere
all’aggettivo in questione la frase “per mancanza di strumenti adeguati”.
Lo scopo di questo scritto è di prendere in considerazione alcuni
aspetti nodali e conosciuti per distinguerli dalle fake-news.

La dispermia

Si intende per dispermia lo scostamento dei parametri dell’esame seminale dai valori di riferimento.

A parte il caso del criptorchidismo e del varicocele come cause conosciute associabili alla dispermia si è enfatizzata la presenza di polimorfismi genetici.

Oltre
a queste ed altre cause meno frequenti, l’attenzione dei ricercatori si
è soffermata soprattutto sulla integrità del DNA spermatico e sulla
eccessiva produzione di ROS.
E’ poco noto, peraltro, il fatto che un
certo grado di potenziale ossidante sia necessario alla “normale”
funzione spermatica essendo i ROS nodali nella capacitazione, nella
motilità attivata e nella reazione acrosomiale, passaggi essenziali per
la fecondazione in vivo. Uno sbilanciamento verso l’eccesso dei ROS si
compendia in danno del DNA, in perossidazione lipidica e in alterazione
delle membrane mitocondriali.

Tutto ciò non può però essere
contrastato semplicisticamente andando a vivere in un ambiente privo di
inquinamento e smettendo di fumare. I più credono che attraverso la
supplementazione di antiossidanti si ripiani il problema e il danno
senza nulla rischiare in termini di effetti negativi.

Tuttavia,
pur facendo passare l’integrazione alimentare naturale come scevra da
effetti collaterali non è possibile sottrarre al conto il fatto che
molte di queste molecole o associazioni delle stesse hanno un vero
effetto farmacologico con altrettanta probabilità di danno tra cui
spicca l’overdose.
Essa si compendia nella incapacità dello
spermatozoo ad andare incontro alla capacitazione, alla motilità
attivata e alla reazione acrosomiale, fenomeni senza i quali non è
possibile la fecondazione dell’ovulo e i cui meccanismi cominciano
appena adesso ad essere un poco più conosciuti.

Il plasma seminale ha un ruolo?

Gli
spermatozoi sono inizialmente accompagnati dalla secrezione testicolare
ed epididimaria. Durante l’eiaculazione, gli spermatozoi provenienti
dall’epididimo si mescolano con le secrezioni delle ghiandole accessorie
della prostata e delle vescicole seminali.

Tutte queste
secrezioni formano il plasma seminale, che consta di zuccheri, composti
organici, ioni, proteine e prostaglandine. Un tempo era considerato un
semplice mezzo passivo di trasporto mentre ora meglio si comprende il
ruolo biochimico.

L’eiaculato in vagina coagula.
Ne sono responsabili la semenogelina e la fibronectina che formano una
rete di fibre che ingloba e immobilizza gli spermatozoi. Poco dopo e con
una certa variabilità interumana nei tempi, si verifica la liquefazione
e il graduale rilascio degli spermatozoi. Il fenomeno è regolato da una
proteasi, la PSA e da alcune metallo proteinasi.

Interessante il
fatto che lo spermatozoo liberato dal coagulo ancora non è in grado di
fecondare ma procede, spedito, verso l’utero attraversando il muco
cervicale.

Inizia quindi la capacitazione che si
compendia nella capacità dello spermatozoo di spingersi fino ad
attaccarsi alla zona pellucida dell’ovocita, penetrarlo e inibire il
passaggio di altri spermatozoi. Questo avviene nelle tube di Falloppio.

Ancora
più interessante il fatto che tale fenomeno si osserva solo in vivo ed è
bypassabile dalle procedure di fecondazione in vitro come la ICSI.

Non
appare secondario ricordare quanto la funzionalità tubarica sia
importante in questo processo. Purtroppo ancora persiste l’equivalenza
tra tuba aperta e tuba funzionale che, in assenza di un test diagnostico
adeguato, va ad ingrossare le fila delle infertilità inspiegate.

I
fattori coinvolti nella capacitazione sono una quarantina ma quelli che
sono più interessanti sono le glicodeline le quali sembrano essere in
grado di attivare la capacitazione e di regolarla nel senso di evitare
che questa accada troppo presto e non nella sede opportuna, la tuba.

Oltre a quanto descritto, recenti evidenze suggeriscono che il plasma seminale abbia anche un altro ruolo non secondario nel complesso fenomeno della tolleranza immunitaria femminile.

La modulazione del sistema immunitario femminile

Il
sistema immunitario, come è noto, identifica i patogeni, antigeni
esterni e quant’altro di non proprio e li combatte. Nel contesto della
fecondazione, sia gli spermatozoi che il feto sono non-self ma tollerati quindi immuni dall’aggressione da parte degli anticorpi materni.

Questo
fenomeno è stato spiegato, nel tempo, con la immaturità antigenica del
feto, con una potente soppressione del sistema immune materno durante la
gravidanza e dalla presenza della barriera emato-placentare. Ipotesi
rivelatasi poi non vere, specialmente quella della soppressione
immunitaria considerando che la vagina è una porta aperta all’esterno e
quindi alle infezioni.

Il sistema immunitario femminile, quindi,
deve per forza avere un sistema di regolazione. In effetti, appena lo
sperma arriva in vagina si assiste ad una attivazione leucocitaria
attraverso la sintesi di citochine pro infiammatorie tra cui la IL1, la
IL6, la IL1 alfa.

Si suppone, quindi, ed è verosimile, la
presenza sul plasma seminale di fattori di regolazione del fenomeno che
inducono una qualche forma di attivazione infiammatoria tollerante. La
cosa sembra regolata da dei Linfociti particolari, i T.reg.

I
componenti che del plasma seminale che agiscono da trigger del processo
includono le citochine prodotte dalle cellule di Sertoli e di Leydig e a
loro volta implicate nella regolazione della spermatogenesi.

Tra
queste la più studiata è il TGF beta che nel plasma seminale esiste in
due forme di cui solo una, minoritaria, attivata. Negli otto secondi che
passano dalla deposizione del seme in vagina, il pH vaginale passa da
4,3 a 7,2. Il TGF è attivato anche da molti altri enzimi plasmatici
derivanti da zone delle ghiandole accessorie diverse da quelle che
sintetizzano il TGF e che si attivano solo dopo l’eiaculazione.
Il meccanismo di TGF e PGE2 sembra essere alla base della regolazione dei linfociti materni T.reg.

Le
prostaglandine del plasma seminale, nella fattispecie la PGE1 e la
PGE2, sono in concentrazione estremamente più elevata che nel sangue.
Inducono la trascrizione e la traslazione dei geni che regolano la
ciclossigenasi 2 che aumentano la sintesi di eicosanoidi dall’acido
arachidonico. Sono quindi responsabili di uno dei meccanismi della
tolleranza immunitaria femminile attraverso la regolazione linfocitaria.

Appare
ovvio che una disregolazione delle prostaglandine, come avviene nel
processo infiammatorio a carico di testicoli, epididimi, prostata e
vescicole seminali possa alterare la funzione originaria ed essere causa
di mancati concepimenti.

Discussione

Quanto sinora esposto può rivelarsi utile in termini di diagnosi e di terapia dell’infertilità.

  • Criptorchidismo:
    la letteratura al riguardo suggerisce che l’assenza di uno o entrambi i
    testicoli sia deleteria per la salute degli stessi qualora non corretta
    chirurgicamente o con farmaci entro il secondo-terzo anno di vita.
    Nonostante
    il corretto approccio, una parte di questi soggetti presenta, in età
    postpuberale, un FSH elevato, testimone della presenza di un danno
    testicolare che può essere totale e concomitante ad una azoospermia o
    parziale con presenza di spermatozoi nell’eiaculato. Non c’è terapia che
    ripristini i tubuli persi.
    I soggetti ex-criptorchidi hanno qualche
    probabilità in più di sviluppare, negli anni successivi, una neoplasia
    testicolare per cui è buona norma un follow-up annuale ecografico e dei
    markers tumorali.
     
  • Varicocele: si rimanda
    alla corposissima letteratura al riguardo, perennemente contraddittoria
    nel suo insieme, sulla valenza negativa del varicocele nella sua genesi
    ed estrinsecazione.
    Quello che è sorprendente non è tanto il fatto
    che esistano due partiti pro e contro quanto che, mentre gli esperti di
    riproduzione umana sono tutti prudenti nell’esprimere generalizzazioni
    semplicizzanti, la maggior parte dei non sufficientemente esperti si
    schiera sulla pericolosità della associazione varicocele-dispermia e la
    prende per predicente della sterilità.
    Almeno due generazioni di
    giovani sono caduti vittime di tale atteggiamento e sono inutilmente
    stati operati senza che a nessuno sia venuto il dubbio sulla liceità
    scientifica di tale approccio.
    Le evidenze scientifiche, alcune
    suesposte, dovrebbero suggerire come l’infertilità, sia di coppia che
    del singolo, sia la risultante della somma dei fattori pro e dei fattori
    contro, fattori che non sono tutti perfettamente conosciuti.
     
  • Genetica:
    A parte le situazioni conosciute e non frequenti ricavabili dai
    cariotipi, dovrebbe essere posta maggior attenzione ai meccanismi di
    danno epigenetico, intendendosi questi come alterazioni genetiche non
    presenti alla nascita ma indotte dall’ambiente in cui si vive e si
    lavora. Alcune sono conosciute mentre moltissime ancora non lo sono.
    Non
    sorprende, pertanto, che gli antiossidanti vengano proposti come
    generica terapia per generica patologia, quello che sorprende è come
    viene vissuta dal paziente infertile.
    Molte delle patologie che
    incidono sul potenziale procreativo sia maschile che femminile sono la
    risultante di tre-quattro decenni di esposizione a fattori negativi che
    si pretende di eliminare con qualche mese di terapie per lo più
    empiriche.
     

Integrità funzionale dello spermatozoo

I
test di integrità del DNA contenuto nel nucleo dello spermatozoo hanno
effettivamente aggiunto qualcosa alla comprensione dello status. Sono di
due tipi:

  • uno verifica se il nucleo contiene tutti e 23 i cromosomi previsti e
  • un altro verifica che le eliche del DNA siano compattate come dovrebbero.

Si
è così visto in che percentuale gli spermatozoi esaminati hanno difetti
che si presume, probabilmente a ragione, siano fattori impedenti il
naturale concepimento.

Difettano comunque di predittività
esattamente come non è predittiva la conta spermatica: come si può avere
una gravidanza con pochissimi spermatozoi così si può avere una
gravidanza con anche la maggioranza, ma non tutti, degli spermatozoi
scompattati.

Come per lo spermiogramma, che aiuta ad individuare
le patologie pur non essendo un oracolo, si può arguire che una alta
percentuale di scompattamento sia correlabile ad alterazioni del plasma
seminale. Una di queste, ma non la sola, è una variazione della
osmolarità responsabile della compartimentazione dei liquidi tra interno
ed esterno della cellula. Un eccesso di liquidi intracellulari fa
saltare le giunzioni tra le eliche del DNA, rigonfia lo spermatozoo fino
a farlo andare il lisi.

Abbiamo visto come coagulazione e
liquefazione del plasma seminale siano parte di un meccanismo
fisiologico con un ruolo preciso, ovvero quello di bloccare gli
spermatozoi sul collo cervicale e di dismetterli in tempi successivi
iniziando il processo di capacitazione.

A questo segue
l’attivazione della motilità che è diversa da quella che si osserva sul
vetrino al microscopio e che si può provocare in vitro con adatte
procedure di laboratorio. Tale motilità accompagna lo spermatozoo fino
alle vicinanze dell’ovulo dove avviene la reazione acrosomiale ovvero
l’acquisizione della capacità di penetrazione. A questo segue un blocco
della parete dell’ovocita che impedisce l’ingresso di altri spermatozoi.

L’integrità del sistema coagulazione-liquefazione appare quindi importante.

Dispiace
che tale aspetto sia sostanzialmente ignorato poiché, essendo molto
spesso correlato con processi infiammatori, logica vuole che la
correzione di tali patologie possa dare notevoli vantaggi alla
fecondazione in vivo.

Sempre a proposito di infiammazione di
prostata e vescicole seminali, situazione tutt’altro che infrequente
nelle coppie infertili, essa determina un aumento della sintesi locale
delle prostaglandine.

La corretta regolazione delle
prostaglandine, delle interleuchine e del TGF appare nodale nella
capacitazione ed evita che essa avvenga troppo presto con la conseguenza
dell’esaurimento precoce della motilità. Dato che questo, poi, regola
anche la tolleranza immunitaria femminile non è impossibile ipotizzare
come un intervento terapeutico basato sul dosaggio del TGF possa essere
di estremo vantaggio nel ripristino della normalità.
E’ pur vero
tuttavia che un blocco totale del sistema prostaglandinico come si
ottiene con alte dosi di antinfiammatori risulta deleterio per la
funzionalità del sistema esattamente come l’eccessiva assunzione di
antiossidanti. Il vantaggio del dosaggio del TGF rispetto alla
leucocitospermia come indicatore di flogosi sta nel fatto che prescinde
dalla presenza di leucociti i quali, nelle flogosi cronicizzate, tendono
a non essere presenti nell’eiaculato.

Conclusioni

Le
indagini diagnostiche sulla coppia non sono perciò utili alla
predizione del concepimento ma sono estremamente utili alla correzione
di quelle patologie che abbiamo visto essere fortemente implicate nel
meccanismo della fertilizzazione dell’ovocita.

Occorrerà pertanto
studiare un nuovo paradigma diagnostico che prenda come end-point della
ricerca i meccanismi biochimici che favoriscono il concepimento
piuttosto che i valori dello spermiogramma.

Fonte: liberamente tratto da Biomed Res Int. 2019; 2019: 5397804.