Dottore, mi brucia quando faccio la pipì
“dottore, mi brucia un pò quando faccio la pipì” è il “sintomo presentato” ogni giorno da qualche paziente in ogni studio medico di medicina generale. Il medico di base che ha, in media, sette minuti disponibili a paziente cataloga velocemente tra le patologie non gravi e, di riflesso, fa una richiesta per urinocoltura.
Il nostro paziente, trentanove anni, si reca al laboratorio analisi con un barattolino preso in farmacia, consegna ligio il campione e ripassa dopo un paio di giorni ritirando un referto che consegna al medico.
Il dottore legge “assenza di crescita colturale “e conclude per un “non ha niente di grave, se non passa da solo in qualche giorno si faccia rivedere, intanto beva molta acqua e mangi leggero”.
Il paziente torna a casa in macchina col suo bruciorino ripassando mentalmente un articolo sulle medicine naturali per cui frena di botto rischiando un tamponamento a catena quando, con la coda dell’occhio, vede l’insegna verde di un Erboristeria nella quale si precipita.
Ripresenta il suo bruciorino all’erborista che ha un po’ più di sette minuti da dedicargli e lo fa felice con tre tisane, una antiinfiammmatoria, una per stimolare le difese naturali e una diuretica.
Il paziente rimonta in macchina e torna a casa sollevato dal pensiero “sto facendo qualcosa, almeno”.
Lui non lo sa ma la prima contiene un antitestosteronico a basso dosaggio che si trova anche in pillole in farmacia con l’indicazione per l’ipertrofia prostatica, la seconda contiene una erbetta americana usata dai pellerossa detta erba del diavolo per le sue effettive proprietà stimolanti l’apparato immunitario e la terza del tè verde biologico, diuretico, appunto.
La sera prepara la sue tisane come da istruzioni e, tra prima di cena e dopo, se le ingoia tutte e tre.
Dorme un po’ agitato e alle tre di notte si alza per fare una valanga di pipì.
Alle sei si alza perché ha suonato la sveglia e corre in bagno con la vescica piena.
Il bruciorino è in lieve aumento ma non se ne cura.
Altro giro di tisane per colazione e via al lavoro, di mestiere fa il rappresentante di commercio e ha qualche centinaio di km da fare, come ogni giorno.
La giornata scorre bene salvo per il fatto che deve far pipì ogni ora e mezzo, ha sete più del solito e il bruciorino è sempre lì.
Torna a casa alle nove stanco morto e con una fame da lupo.
Si fa spaghetti aglio e peperoncino e due salcicce, un etto di pecorino stagionato e insalata di ravanelli, due bicchieri di rosso e una grappina.
Altro giro di tisane e a nanna con la moglie che non ha nessuna intenzione di dormire.
Lui non ha una gran voglia ma lei sa stimolarlo e in pochi minuti sono volati via i pigiami.
Lui si sente pronto e delicatamente lo introduce, fa un paio di movimenti e risente il bruciorino che, in men che non si dica, si traduce in quella situazione che lui ben conosce e che precede di poco l’ineluttabile eiaculazione che è lunga e fastidiosa nonché maledettamente prematura rispetto ai suoi standard, anche i peggiori che ricorda, da ragazzo.
Un pensiero lo attraversa e gli gela il sangue, lo fa sudare freddo, ha il cardiopalma.
Guarda la moglie che gli sorride come sempre ha fatto, con dolcezza, senza proferire parola ma lui vede un sorrisetto sarcastico e sprofonda nel buio dell’amor proprio ucciso.
Si sveglia sudato alle tre per fare pipì e poi non riesce a dormire anche perché deve farla ogni mezz’ora.
Il bruciore aumenta. Telefona alle otto e dieci al cellulare del medico “dottò, il bruciore è una bestia…ora” che gli risponde “ ok, le lascio una ricetta per un antibiotico dalla segretaria”.
Lui esce passa allo studio, prende la ricetta, va in farmacia e poi al bar. Ingoia e parte per la sua giornata di lavoro con una fermata ogni mezz’ora per fare pipì.
La sera è ancora daccapo alla santa croce col suo bruciore cui si è aggiunto un senso di peso appena sopra il pube e non riesce a stare seduto normale, sposta continuamente il peso da una natica all’altra senza trovare pace, è stanco e triste.
Prende ancora le tisane e va a dormire, la fame gli è passata. Dopo un’ora si sveglia e ricomincia il va e vieni col bagno cui si aggiunge una botta di colite come non se la ricordava pur soffrendone saltuariamente.
Al mattino la moglie telefona al medico e spiattella tutta la storia, le tisane, i sudori freddi e il resto. Il medico fornisce il nome di uno specialista in grado di visitarlo in giornata.
L’epilogo di questa storia, che è vera, è una diagnosi di prostatovescicolite abatterica fatta sulla base di una ecografia (edema del tratto sovramontanale) e della ricerca batteriologica sullo sperma che è negativa per batteri ma segnala una quantità notevole di globuli bianchi.
Lo stile di vita, la posizione seduta forzata e l’alimentazione incongrua sono alla base del problema.
Le tisane non hanno avuto effetto alcuno se non esacerbare un po’ la sintomatologia.
La prematurità dell’eiaculazione è un effetto tipico delle prostatiti, l’ansia generata ha aggravato, ovviamente il quadro.
In realtà nessuno dei protagonisti ha sbagliato, il medico di base ha fatto quello che doveva rispetto al sintomo, l’erborista quello che poteva, la moglie è da premiare perché di media, un maschio, con un problema del genere, ritarda più che può l’andare dallo specialista.