INTRODUZIONE
La malattia (abbrev. PD), osservata da Vesalio nel 1561 e descritta minutamente da Francois Gigot de la Peyronie nell’ormai celebre articolo, conosciuta quindi da secoli, non ha ancora una etiologia definita. I dati disponibili sono in prevalenza osservazionali. In genere è definibile come una “condizione nella quale una o più alterazioni della morfologia peniena risultano di ostacolo ad un soddisfacente rapporto sessuale” rientrando, quindi e di diritto, nel vasto capitolo del Deficit Erettile (DE). La multiformità dell’esordio e della evoluzione della patologia ha reso molto complesso lo studio clinico e statistico tanto che tuttora non vi sono, in letteratura, dati conclusivi sull’argomento.
CARATTERISTICHE CLINICHE
Incidenza ed età
Negli ultimi anni, in Italia, vari fattori hanno avuto il merito di far aumentare le richiesta di consulenza medica all’apparato genitale maschile e questo ha avuto, come conseguenza, un maggior riscontro della PD.
L’incidenza varia da 5 per 100.000 a 70 per 100.000 abitanti/anno in diretta proporzione all’età anagrafica. Anche in Italia, in linea coi dati epidemiologici della letteratura internazionale, i due terzi dei pazienti hanno una età compresa tra 40 e 60 anni; una distribuzione, quindi, simile a quella dell’aterosclerosi.
Sintomi di presentazione
In letteratura è riportata la sequenza:
1. placca o indurimento
2. incurvamento
3. dolore
4. d.e.
Nell’esperienza di chi scrive l’esordio non è necessariamente in questo ordine e si preferisce distinguere tra la motivazione del consulto andrologico e obiettività clinica. La motivazione del consulto è prevalentemente il d.e. che, nei pazienti i quali dimostrano, poi di esserne affetti, è un deficit di mantenimento della rigidità la cui durata diventa insoddisfacente in relazione alla performance generalmente sperimentata in precedenza ed occasionalmente insufficiente ad un rapporto.
Il dolore è presente solo nella la fase infiammatoria della malattia, durante l’erezione o subito dopo, non è grave e solo occasionalmente tale da pregiudicare la funzione coitale. Dato che generalmente precede l’incurvamento, costituisce uno dei sintomi o co-sintomi di esordio e motivo perciò di consulto.
Raramente l’incurvamento costituisce il motivo unico di consulto come esordio in assenza di altra consapevolezza del paziente. L’indurimento, come motivazione di consulto, in accordo alla letteratura, è inferiore al 50% dei casi probabilmente in ordine alla scarsa conoscenza, da parte dei pazienti, della propria normalità anatomica e viene riportato come localizzazione del dolore percepito.
Obiettività clinica
Il reperto, alla palpazione dei corpi cavernosi, anche in soggetti che non lamentano deviazione, di un’area di consistenza aumentata costituisce un segno patognomonico della malattia.
La localizzazione è, in prevalenza, dorsale; tuttavia è possibile reperire zone di addensamento del tessuto anche a livelli diversi dalla tonaca albuginea. La dimensione delle zone di addensamento è estremamente variabile, potendosi apprezzare da piccoli noduli isolati di due/tre mm ad aree interessanti i due terzi dei corpi cavernosi o della tonaca di rivestimento. La posizione del nodulo determina la deformità in erezione.
Il reperto di un aumento dello spessore del setto intercavernoso accompagnato dalla palpazione di piccoli noduli su tutto il setto costituisce nella quasi totalità dei casi un reperto che precede la formazione di più grandi zone di addensamento e può essere considerato un segno prodromico. Tale reperto è assente nel maschio giovane e nell’adulto sano.
Aspetti istopatologici
Dal punto di vista anatomopatologico la malattia si contraddistingue dal reperto dei vari stadi della flogosi in prevalenza a livello delle aree vascolarizzate tra la tunica ed il connettivo che riveste il tessuto cavernoso, interessandolo con frequenza.
La sequenza degli eventi è: infiltrato infiammatorio con attivazione immunitaria, fibrosi ialina, deposizione di calcio, attivazione osteoblastica. C’è perdita della inibizione da contatto con crescita casuale e disordinata come se il processo di riparazione non potesse essere arrestato dai normali meccanismi. Costante l’alterazione del corredo cromosomico del 60% delle cellule interessate il cui significato è tuttora oscuro, tuttavia è interessante l’osservazione di deposito di fibrina all’interno della placca come se la noxa iniziale sia un danno microvascolare alla base del processo flogistico.
Da notare quanto il processo assomigli in maniera indicativa a quanto si realizza nella flogosi ipossica sperimentale arteriosa durante la quale l’evento causale determina la presenza di un infiltrato intramurale con edema del subendotelio cui segue la deposizione di fibrina e la deformazione delle mioliscie. La necrosi tissutale conseguente è seguita da riparazione e rigenerazione ed è interessante il fatto che l’arteria riparata abbia aspetti istologici assonanti con quelli del tessuto erettile interessato da PD. La differenza sostanziale tra la lesione sperimentale arteriosa e quella della PD è l’assenza dei lipidi mentre il deposito di calcio è un comune denominatore.
La calcificazione, che si verifica in prossimità delle aree vascolari, è presente più spesso nei soggetti giovani con grosse aree di indurimento.
Etiologia
Non ci sono evidenze che la PD possa essere determinata da infezione come sostenuto da Peyronie stesso il quale considerò l’associazione tra “ abuso sessuale” e gonorrea, sifilide, tubercolosi. Smith, in uno studio istologico eseguito su 100 peni ottenuti da cadavere ha riscontrato la presenza di reperti correlabili coi vari stadi della PD in 23 casi indipendentemente dalle cause di ospedalizzazione o del decesso il che lo fa concludere per una suggestione di un fattore etiologico comune di natura semplice.
E’ noto che una lesione acuta del pene può essere alla base della formazione di placche non dissimili da quelle della PD tuttavia traumi sperimentatali nel cane non hanno confermato tale ipotesi. Se il trauma fosse il solo fattore etiologico, verosimilmente la PD avrebbe un tasso di prevalenza molto più elevato in ordine al fatto che traumi piccoli o grandi vengono sperimentati nella vita di un uomo in numero elevatissimo, sia durante l’ attività sessuale che nella vita quotidiana.
Allo stesso modo non convince la relazione tra m. di Dupuytren e PD, la prima nota per essere una patologia autosomica dominante che nella casistica raccolta da chi scrive non assomma che a due casi su alcune centinaia. Sono stati evidenziati anticorpi anti elastina in soggetti portatori di PD così come sono stati alcuni aplotipi correlati il che farebbe supporre la possibilità di un substrato autoimmune della malattia.
Sempre Smith fece nel 1969 l’ipotesi che alla base della PD potesse esserci una aterosclerosi prematura, e Chilton riferisce di associazione con micro e macro angiopatia, indipendente da Diabete. E’ verosimile l’ipotesi per cui la malattia di base sia una vasculite misconosciuta o ancora da diagnosticare che rende più suscettibile il tessuto connettivo vascolare al trauma e ne impedisce i normali meccanismi di riparazione e rigenerazione con riduzione delle fibre elastiche, accumulo di collagene di tipo III, alterazione del TGF beta, perdita della inibizione da contatto, rilascio di prostaglandine e di altri mediatori della flogosi.
D’altra parte il comportamento del tessuto erettile nei confronti del trauma o dell’ipossia non può essere identico a quello dell’intima arteriosa se non altro per le caratteristiche vascolar-funzionali che lo rendono unico nell’organismo. E’ altresì verosimile che il danno tipico della PD si verifichi quindi in maniera indipendente dalla noxa iniziale ma con meccanismi che somigliano a quelli della aterosclerosi e si differenziano per la natura del tessuto. Ciò potrebbe spiegare l’estrema variabilità delle lesioni e della presentazione della patologia. Il dato clinico (ed il corrispettivo aspetto ecografico) della palpazione dei micronoduli è presente in maniera sorprendentemente costante.
Il deficit erettile
L’associazione tra PD e DE è costante seppur con ampia variabilità della gravità di quest’ultimo che è correlabile con:
1. percezione della alterazione con dismorfofobia e ansia della prestazione con conseguente ipertono adrenergico rilevabile anche all’ecocolordoppler;
2. dolore causato dalla PD in fase flogistica o dalla deformazione durante il coito;
3. combinazione tra DE arterioso, presente nel 30% dei casi in varie casistiche, e DVO (disfunzione venocclusiva) riportato da alcuni autori (Penson) come presente in oltre il 70% dei casi studiati con cavernosometria.
E’ verosimile che la VDO sia una conseguenza della fibrosi che da una parte limita l’afflusso arterioso (anche in presenza di reperti normali alla velocimetria delle cavernose) e dell’altra determina una incapacità di estensione totale della albuginea con ridotta compressione delle vene perforanti afferenti la vena dorsale.
La combinazione dei due eventi arterioso e venoso associato alla variabile psicologica potrebbe rendere ragione della estrema variabilità di presentazione del DE nella PD essendo la fibrosi, a quanto sembra, comune denominatore dell’evento e variabile di per sé stessa.
La diagnostica
Il test con farmaci vasoattivi seguito da documentazione fotografica è universalmente utilizzato. A ciò è associabile l’ecografia e l’ecocolordoppler dinamico. La RMN con contrasto è il test di scelta prima della chirurgia. La cavernometria è in fase di abbandono.
A livello ambulatoriale la combinazione di clinica ed ecografia determina la formazione delle seguenti classi:
1. pz con DE dell’ottenimento e/o del mantenimento, assenza delle micronodulazioni, tessuto cavernoso ecograficamente normale, vpk in dinamica normale
2. pz con DE del mantenimento, occasionale, micronodulazioni presenti, non indurimenti, non deviazione, aspetto ecografico dei corpi cavernosi iperriflettente con numerose aree iperecogeniche di diametro minimo, vpk in dinamica normale
3. pz con DE del mantenimento, frequente, micronodulazioni presenti, con indurimento singolo o plurimo iporiflettente rilevabile all’ecografia, non deviazione, vpk normale
4. pz come in 2 con vpk borderline
5. pz con DE del mantenimento, costante, indurimento/i, non deviazione, vpk patologica
6. pz con DE dell’ottenimento, costante, indurimenti con aspetto ecografico iperriflettente ma senza cono d’ombra, deviazione, vpk borderline
7. pz con DE costante, placche fibrocalcifiche ecodimostrabili, deviazione, vpk borderline o patologica
Il dolore non viene considerato in quanto presente in maniera variabile ed irregolare.
Evoluzione naturale
La PD guarisce da sola solo in un numero esiguo di casi tuttavia l’obiettività clinica ed ecografia dimostra piuttosto una non progressione che può perdurare variabilmente o stabilizzarsi in via definitiva reliquando o meno un DE.
Molto più spesso la PD è evolutiva verso l’estensione della fibrosi e della placca ai tessuti circostanti e all’aggravamento del DE e della deformità.
L’obiettivo, quindi, della terapia è ottenere almeno una stabilizzazione della PD in una classe dove rimanga possibile una sessualità soddisfacente ancorché aiutata da farmaci e di riservare all’approccio chirurgico gli insuccessi.
Terapia medica
La storia della terapia medica della PD riflette il disorientamento causato dalla scarsa comprensione della malattia e mostra una serie ininterrotta di tentativi con iniziali entusiasmi e regolari smentite sulla efficacia delle stesse. Attualmente il trattamento si basa su farmaci in grado di interferire con l’attività dei fibroblasti e della produzione di collagene come il tamoxifene e il verapamile.
Recentemente è stato dimostrato un beneficio significativo ottenuto in studi controllati con l-acetil-carnitina e propionylcarnitina in associazione o meno con verapamile. L’efficacia di tali farmaci, in verifiche in doppio cieco, si è dimostrata superiore ai protocolli utilizzati in precedenza realizzando una via alternativa di terapia. Il follow up, a lungo termine, dei pazienti coinvolti nello studio dimostra che la terapia è tanto piu’ efficace quanto iniziata precocemente e quanto più giovane è il paziente. Del tutto recentemente si è aggiunto il dato per cui l’uso di Oxicams che dimostrano avere attività antifibrotica rappresenta un valido adiuvante nella gestione della patologia.
Obiettivi terapeutici:
a) blocco della evolutività della malattia e fine del dolore in erezione quando presente
b) regressione della fibrosi (meno micronodulazioni palpabili)
c) miglioramento della performance erettile(aumento VPK) e dell’indice IIEF
d) recupero del recurvatum (gradi)
e) restituito ad integrum con dose minima di mantenimento)
f) restituito ad integrum senza terapia
CONCLUSIONI
Per molti versi la PD rimane un mistero e molto lavoro è ancora necessario alla comprensione della malattia.
Allo stato attuale, sulla base delle evidenze risultate dal lavoro di Orlandi, sembra verosimile che le carnitine abbiano un’azione diretta sulle alterazioni vasculitiche che sono alla base della PD confermando, indirettamente, l’ipotesi di Chilton.
L’ipotesi di chi scrive è che la PD sia un aggravamento casuale, probabilmente relativo a un trauma, di una situazione vasculitica di base simile all’aterosclerosi ma con peculiarità relative al tipo di tessuto interessato forse con una componente di predisposizione genetica. Il tutto all’interno di un più generale stato di disfunzione dell’endotelio dell’intero organismo col DE come sintomo di esordio.